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lunedì 19 gennaio 2015

Chains and Broken Dreams

POV Will

Le parole di Nate si perdono nella stanza, che un tempo mi è sembrata tanto piccola quanto ora tanto immensa. Sono ancora bagnato di pioggia, eppure un caldo piacevole si diffonde lungo tutto il mio corpo, donandosi anche a quello di Nate poggiato contro il mio.

Restare.

Mi sta chiedendo di restare. Be', caro Shakespeare, questo non è il dilemma "essere o non essere", bensì "volere o potere". E se ho sempre pensato a cosa non posso fare, per una volta, una ancora, desidero fare quello che voglio.

- Lo sai, Nate... non posso - mormoro, costringendomi a completare la frase e a non mordermi la lingua. Mi aspetto di vedere i suoi sogni crollare e infrangersi una volta per tutte, invece mi guarda dritto negli occhi un po' mesto ma forte, come se se lo stesse aspettando.

E sono la convinzione e la speranza di chi non si arrende mai contenute in quegli occhi che da sempre seguono il mio cammino a farmi crollare, a convincermi che sto facendo la cosa giusta.

- Non posso, ma voglio restare - continuo con calma. "Perché ti amo" vorrei aggiungere, ma dirlo ancora sarebbe come ammettere che lui è più importante di chiunque, del mio obiettivo, del mio orgoglio, di cos'è giusto in questa società sbagliata.

Nate continua a stare in silenzio, stringendo la mia mano che mai ha lasciato andare, la prova che la nostra catena è sempre lì, che ancora ci lega e che sempre mi riporterà da lui, qualunque cosa accada.

- Sono un po' stanco, e credo che lo sia anche tu. Andiamo a dormire? - domando dopo qualche attimo di insopportabile silenzio, abbozzando un sorriso tirato.

- Va bene - acconsente, seguendomi lungo le scale senza mai spezzare il contatto fra le nostre mani, che leggere si cercano e si trovano senza perdersi, come un gioco infantile fra due bambini spensierati.

Mentre ci cambiamo non smettiamo di lanciarci brevi occhiate, in totale silenzio, perché non abbiamo bisogno di parlare per capirci. Mi accomodo sul letto che profuma di noi, sa di me e di Nate e di casa e di amore, e poco dopo mi raggiunge anche lui, avvicinandomisi leggero come una pantera.

Sposta lo sguardo da me al mio petto, come a chiedermi il permesso, poi vi si acciambella come un gatto con un lieve sospiro.

Gli accarezzo i chiari capelli castani, notando che anche adesso, a quasi ventitré anni, sono ancora perennemente arruffati come quando era un ragazzino. Ciò mi strappa un sorriso; alla fine ho capito che, forse, una fra le tante battaglie è stata vinta, ma la guerra non è ancora conclusa.

-

Note dell'autrice:
-18! Sto già pensando alle prossime storie che scriverò... spero che continuerete a seguirmi in questa faticosa ma soddisfacente avventura con questa pazzerella che sono io! Ora vi lascio, mi raccomando lasciatemi un commentino che mi aiuta a migliorarmi (un grazie speciale a Paola Granger che recensisce sempre). Baci

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